Pro Loco Terralba

LA STORIA DI TERRALBA

Torre Vecchia

Torre Vecchia

La vicinanza al Monte Arci, ricco di quel bene prezioso che era l’ossidiana, e ai pescosi stagni della laguna di Marceddì, ne hanno fatto un posto ideale per gli stanziamenti umani a partire dal settimo millennio a.C.A quel periodo risalgono infatti le più antiche testimonianze di insediamenti e di attività umana nel territorio di Terralba.

Ma i più importanti ritrovamenti riguardano il villaggio preistorico di San Ciriaco, risalente circa al 3.500 – 3.300 a.C. , e quelli relativi al periodo nuragico.Nel VI secolo a.C., nell’estremità sud-orientale della laguna di Marceddì , i Cartaginesi fondarono la città di Neapolis.

Da allora diventarono sempre più numerosi gli insediamenti umani, facilitati dall’abbondanza di cibo e dalla fertilità dei terreni facili da lavorare. Il nome di Terra Alba, compare per la prima volta nel IX secolo d.C. Nel 1048 in un documento dove è citato un vescovo di nome Francesco e in un documento giudicale datato 15 ottobre 1102, compare invece il nome di Terralba così come è attualmente.

Non si sa esattamente quando Terralba divenne sede vescovile, si sa con certezza che la prima chiesa fu eretta nel 1144, sul modello di quella di Santa Giusta. Sul finire del XIII secolo la Sardegna divenne feudo di nobili famiglie aragonesi. Di Terralba prendono possesso nel 1413, ma si trattava di un villaggio allora spopolato.

Pur con qualche tentativo di lotta per l’indipendenza da parte del popolo sardo, il dominio degli aragonesi dura sino ai primi anni del 1600. Seguirono oltre cento anni di dominazione spagnola, durante i quali a Terralba si alternano periodi di crescita a periodi di carestia e di epidemie.

Processione Madonna di Bonaria

Processione Madonna di Bonaria

Nel 1718 la casa Savoia si sostituì al dominio spagnolo e la cittadina di riflesso subì lo stesso stato di abbandono in cui fu tenuta la Sardegna. Già dai primi del ‘800 l’economia, basata soprattutto sull’agricoltura, ed in particolare sulla coltivazione della vite, comincia a dare segni di vitalità. I prodotti vengono commercializzati in continente e le spedizioni effettuate dal porto di Marceddì.

Nel 1912 viene edificata la scuola elementare di via Roma e nel 1932 il palazzo comunale, strutture che vengono ancora oggi utilizzate.

Nei primi anni del 1900 ad opera di Felice Porcella comincia il risanamento idrico del territorio di Terralba, nel 1916 vengono realizzati i progetti per il prosciugamento delle paludi di “Sa Ussa” e con la concessione, in enfiteusi, del comune di Terralba  alla Società Bonifiche Sarde di circa 9000 ettari di terreno, inizia il lavoro della bonifica di tutte le paludi del territorio e la nascita del Villaggio Mussolinia poi diventato comune di Arborea.

Teatro comunale e sede Pro Loco

Teatro comunale e sede Pro Loco

Sia durante la prima guerra mondiale, che durante la seconda, fu alto il contributo dato dai soldati terralbesi, molti dei quali sacrificarono la loro vita in nome della patria e della libertà. Nel 1947, durante i disordini conseguenti alle manifestazioni effettuate dai cittadini di Marrubiu per riottenere l’autonomia dal comune di Terralba, venne ucciso Terenzino Trudu, un inerme cittadino terralbese.

Nel 1948 viene costruita la cantina sociale la quale segnò l’inizio della ripresa economica del dopoguerra, dando il via a molte iniziative commerciali e artigianali che ancora oggi troviamo fiorenti nella nostra Terralba.

Comune di Terralba

Comune di Terralba

Il Territorio

Presso la costa centro-occidentale della Sardegna, nell’estremità meridionale del Golfo di Oristano, tra il Monte Arci e il Mare, è situato il territorio del Comune di Terralba. L’area è, nel complesso, pianeggiante e degrada leggermente da est verso il mare; si è formata con la colmata finale della depressione dell’Alto Campidano, avvenuta principalmente ad opera degli apporti del Flumini Mannu e del Rio Mogoro. Invece gli stagni costieri del Terralbese hanno avuto origine in seguito ad una recente sommersione e allo sbarramento da dune. A sette metri s.l.m. sorge il centro abitato di Terralba. Poiché nel corso del secolo scorso il territorio è stato soggetto ad opere di bonifiche e regimentazione delle acque superficiali, non esiste attualmente una rete idrografica naturale. II Rio Mogoro, che aveva la sua area di esondazione nella Piana de S’Isca e alimentava lo stagno di Sassu, a nord ovest di Terralba, è ora incanalato nell’attuale canale diversivo Mogoro, che sbocca nello stagno di San Giovanni della laguna di Marceddì. In origine la presenza di numerosi corsi d’acqua di un certo rilievo, unita alla dinamica del motto ondoso e dei venti dominanti nel Golfo di Oristano, ha fornito al territorio di Terralba, un’impronta fortemente paludosa, costellata da una miriade di specchi d’acqua. Di questo resta ancora testimonianza nella toponomastica dove abbondano i termini Pauli, Bau, Piscina e S’Isca.

La cattedrale

Cattedrale di San Pietro Terralba

Cattedrale di San Pietro Terralba

La cattedrale di San Pietro si trova nella piazza principale del paese, intorno alla quale si sviluppo il primo nucleo dell’antico villaggio di Terralba. Pare che una prima chiesa esistesse già in periodo bizantino, ma fu nel 1144 che fu edificata l’antica cattedrale per volere di Mariano I, vescovo di Terralba. La chiesa venne costruita in stile romanico, sul modello di quella di Santa Giusta, ad opera di maestranze venute dal continente, chiamate perché esperte e qualificate. L’antica cattedrale a causa del degrado e dell’incuria in cui venne lasciata per secoli, fu demolita nel 182l. Nell’anno successivo iniziarono i lavori della nuova cattedrale, disegnata a croce latina centrale, su cui si aprono tre cappelle per lato, e il transetto. Tutti con volta a botte. Il progetto iniziale prevedeva una cupola, che non fu mai realizzata, come anche il secondo campanile. Per mancanza di fondi fu costruita, così, una falsa volta a crociera dove nel 1951 sono state collocate delle tele raffiguranti i quattro Evangelisti, dipinte dai pittori parmensi Peretti, Bertonelli e Mora, autori anche dell’immagine di San Pietro che copre la finestra che era aperta sul presbiterio. La facciata si rifà ai tipi del classicismo settecentesco e fu realizzata, come anche il campanile in calcarenite chiara.

Le tre cappelle sul lato destro, a partire dal1’ ingresso, sono dedicate rispettivamente all’Immacolata, alla Madonna del Rimedio, con al di sotto della mensola dell’altare la statua dell’Assunta dormiente (come da rito bizantino) con corona, veste bianca e scarpe argento; la terza è quella della Pietà e del Crocifisso. Particolare la pittura murale nella nicchia rappresentante le tre Marie: la Madonna, sua sorella Maria di Cleofa e Maria di Magdala, che per le loro fattezze ed i colori usati ricordano le pitture cinquecentesche. Le cappelle sul lato sinistro sono dedicate a San Francesco, alla Vergine del Rosario e al Sacro Cuore. Le antiche statue in legno sono del Settecento, recentemente restaurate. Nel presbiterio, 1’altare in marmi policromi accoglie sull’ultima mensola la statua di San Pietro in cattedra del 1600. Risalta sull’altare un grande Crocifisso ligneo del XVII secolo, scolpito a grandezza naturale e con le braccia snodabili. Fino agli anni ’50 veniva usato, durante la settimana santa, nella cerimonia di origine spagnola ”Su scravamentu”. La cerimonia consisteva nella deposizione del Cristo dalla croce ad opera dei fedeli che interpretavano, vestiti in costume, le scene del vangelo.

Reperti dell’antica cattedrale

Fonte battesimale in legno dipinto risalente al 1626. Il basamento e il catino sono in arenaria chiara con bassorilievi, sugli sportelli sono dipinti: San Pietro, San Nicola, San Gavino, San Paolo, e il battesimo di Gesù e il crocifisso ligneo del XVII secolo.

L’archeologia

Le numerose paludi, lo stagno di Sassu e la laguna di Marceddì hanno costituito un ambiente naturale molto favorevole allo stanziamento umano per abbondanza di pesci e molluschi e di molta selvaggina. Nella zona di Bau Angius, su di una bassa duna sabbiosa a ridosso dello stagno di San Giovanni, presso la foce del Fluminimannu, si sono rinvenute le più antiche tracce del neolitico. Verso la seconda meta del VI millennio A.C., altre comunità umane occuparono stabilmente la piana lagunare del Terralbese in ben 5 località, a Pauli Putzu, a Pauli Annuas, a Santa Chiara, a Bau Angius e a San Giovanni, siti che hanno restituito ceramica cardiale. Uno degli insediamenti più importanti del Terralbese e della Sardegna e il villaggio del neolitico medio, (4000-2000 A. C.) di San Ciriaco. E’ situato nel rione omonimo alla periferia orientale del paese e si estende per circa l2 ettari in gran parte dentro il centro abitato. Ben attestate sono anche le testimonianze del periodo nuragico, con il ritrovamento di numerosi bronzetti nuragici (IX-VIII) sec. A. C. in zona S’Arrideli.

Neapolis

Neapolis era un’antica città d’origine punica risalente al VI sec a. C, dislocata a circa sette chilometri a sud-ovest di Terralba, nella estremità meridionale della laguna di Marceddì. Nel periodo romano imperiale Neapolis fu elevata al rango di colonia. Il toponimo Neapolis è di origine greca e significa “città nuova”. Neapolis è rimasta 1’unica città antica della Sardegna ancora totalmente da scavare, una grande attrattiva per il futuro dell’archeologia. Per questo ancora sconosciuta e misteriosa. Le opere architettoniche più significative di Neapolis sono la strada romana detta “su stradoni de is damas”, due impianti termali e l’acquedotto. Le terme di Santa Maria è il monumento meglio conservato ed uno dei suoi ambienti, una camera a copertura con volta a botte, fu adibito a chiesa dedicata alla Madonna di Neapolis.

Itinerari turistici

Processione in mare

Processione in mare

Sono tantissimi gli itinerari turistico ambientali che si possono ammirare nella zona di Marceddi. Arrivati alla borgata marina si può percorrere il lungomare verso destra in un sentiero sabbioso costeggiato dallo stagno fino alla vecchia torre di Marceddi’. E’ da questa posizione che si può godere della massima visuale del Golfo e del promontorio di Capo Frasca con la dirimpettaia Torre Nuova. Ma il percorso più suggestivo e ricco di attrattive naturalistiche ed archeologiche è quello che, attraverso uno sbarramento artificiale, porta dalla terraferma di Marceddi’ alla zona archeologica di Santa Maria di Neapolis. Precisamente dall’uscita di Marceddì (strada 4) si va sino alla strada ”0”, dove, fiancheggiandola, si può vedere la zona della terza peschiera e degli stagni di San Giovanni, di Santa Maria e di Marceddi’. Sempre attraverso lo sbarramento si può arrivare ai resti della città punico romana di Neapolis, in territorio di Guspini.

“Su stradoni de is Damas”

Strada romana extraurbana chiamata ”su stradoni de is damas”. Da Neapolis si dirigeva verso nord, per Othoca (Santa Giusta) attraversando lo specchio d’acqua salmastra, che rimane all’estremità meridionale della laguna di Marceddì. La strada fungeva anche da banchina portuale per l’attracco delle imbarcazioni e il carico e scarico delle merci; era utilizzata fino ai primi decenni del secolo scorso.

La villa romana di San Giovanni

E’ il più importante rudere d’età storica, ubicata su di un lieve dosso sabbioso, in regione San Giovanni, a poche centinaia di metri dalla riva orientale dello stagno omonimo, a circa due chilometri e mezzo da Neapolis. Edificata su di una preesistente fattoria Cartaginese, la cui fondazione risale al V secolo a.C., la villa potrebbe essere appartenuta al famoso agronomo latino, Palladio Rutilio Tauro Emiliano, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., autore di un importante opera di agronomia.

La valle di Marceddì

Marceddì è tra le zone umide più suggestive di tutto il Mediterraneo. Fauna e flora fondono in un tutt’uno le loro inalterate ricchezze. Ricchissima è la flora e la fauna della zona, protetta da tempo dalla convenzione di Ramsar. Nello stagno centrale di San Giovanni sboccano il Rio Sitzerri, proveniente dai Monti del Guspinese, il Flumini Mannu, dal medio Campidano, e il canale del Rio Mogoro, dalla Marmilla. La vegetazione della zona è soprattutto di tipo erbaceo: canneti, alofite, scirpeti, giunchi, e salicornieti. Tra le piante predominano le tamerici e 1’erica scoparia. Numerose le varietà di fauna ittica: muggini (dai quali si ricava un’ottima bottarga), spigole, orate, cefali, ghiozzi, anguille, triglie, saraghi, granchi, arselle bianche e veraci, cozze, polpi. L’avifauna comprende praticamente quasi tutte le specie caratteristiche delle zone umide del Mediterraneo: Martin Pescatore, Gabbiano comune, Pernice di mare, Fraticello, Gallinella d’acqua, Folaga, Pavoncella, Cavaliere d’Italia, Pollo Sultano, Falco di palude, Porciglione, Mestolone, Germano Reale, Tuffetto, Cormorano, Airone Rosso, Fenicottero, Fischione, Moriglione, Svasso Maggiore, il Fistone Turco ed il Gobbo Rugginoso.

Il Villaggio di Marceddì

Marceddì

Nella borgata di Marceddi’, frazione di Terralba, abitato da poche persone quasi tutte pescatori, operano un rinomato mercato ittico e due ristoranti tipici. E’ da visitare la piccola chiesetta della Madonna di Bonaria. L’ombrosa pineta antistante offre una sosta ideale per spuntini o per trascorrere il tempo libero in compagnia. Molto suggestivo e il suo lungomare, da dove si può ammirare il Golfo, il promontorio di Capo Frasca e il porticciolo dei pescatori. Alla fine della borgata a ridosso del mare sorge Torre Vecchia. Fu costruita intorno alla metà del XVI secolo, dall’allora re spagnolo Alfonso d’Aragona per difendere i traffici e le coste dagli attacchi Saraceni. Con le Torri di Capo Frasca e del Sinis costituiva un perfetto triangolo di avvistamento per la zona.

La Madonna di Bonaria

Processione Madonna di Bonaria

Processione Madonna di Bonaria

A Marceddì si festeggia la domenica dopo Ferragosto la Madonna di Bonaria, protettrice dei pescatori del villaggio. La festa incomincia il venerdì precedente, quando il Simulacro della Vergine viene portato in processione da Terralba a Marceddì, accompagnato da centinaia di persone a piedi e dai ragazzi del paese su rombanti motorini. La festa venne istituita per devozione dei pescatori nel 1924. La Madonna fu portata, e così per molti anni ancora, su un carro trainato da buoi addobbato con canne e fiori e seguita da tantissimi persone, che, così, scioglievano un voto di riconoscenza per grazia ricevuta. Ma il momento più sentito e spettacolare della festa si svolge la domenica mattina con la processione a mare della Madonna, che viene issata su un barcone di pescatori e condotta a benedire le acque dello stagno. Alla processione partecipano tutte le imbarcazioni dei pescatori e di molti diportisti, che insieme formano un corteo variopinto tra le onde. Sulla spiaggia sono migliaia, ogni anno, i pellegrini che vi assistono con grande stupore e devozione. In questi giorni di agosto la borgata si anima per le tante iniziative: la Sagra del pesce e del vino, spettacoli e gare ludico-sportive. Il giorno della festa, 1’aria profuma di arrosti di porchetto, di anguille e di muggini, attrazione irresistibili per tutti i visitatori.

 

L’ENOGASTRONOMIA

LA CUCINA LOCALE

Sagra Madonna di Bonaria

Sagra Madonna di Bonaria

Il particolare contesto geoclimatico del territorio, 1’antica tradizione contadina, pastorale e marinaresca fanno in modo che 1’enogastromia terralbese si basi sia su piatti di mare che di terra. L’abbondanza delle varietà alimentari locali ha permesso pertanto che la tradizione culinaria fosse caratterizzata da numerosi piatti tipici. In un “pasto di mare” a farlo da padrone saranno i pesci freschissimi provenienti dalla laguna di Marceddì. Come antipasti le vongole veraci o “arselle nere” e le cozze crude o cucinate in un sugo ristretto, il polpo in insalata, i granchi, i murici, gli anemoni di mare insemolati e fritti, i ricci e la ricercatissima “bottarga” (uova di muggine salate ed essicate) tagliate a fettine. Fra i primi piatti pregevolissima è la “fregola sarda cun cocciula”, una minestra di piccole palline tostate di semola condite con arselle nere o bianche. Di accattivante profumo e gusto anche la pasta con i ricci, o alle arselle sia in bianco che col sugo, o con le freschissime aragoste. A coronare un pranzo di mare terralbese non possono mancare gli arrosti di muggini, anguille ed orate, famosi in tutta la Sardegna per il loro gusto ancora naturale e genuino. Ad accompagnare i piatti di pesce perfetti i vini bianchi locali Nuragus e Vermentino di Sardegna.

Assai ricco e vario di sapori e’ anche il “pasto di terra”che tradizionalmente comincia con ”su satitzu sicau”, una salsiccia stagionata di maiale aromatizzata all’anice, che le conferisce un pro fumo e gusto particolare. Tra i primi piatti 1’apertura spetta di diritto ai “malloreddus alla campidanese”, gnocchetti di semola conditi con sugo di salsiccia. Tipici anche i ravioli dolci di ricotta con zafferano e buccia d’arancia. Tra i piatti particolari si possono ancora gustare “sa suppa” composta da strati di pane nero condito con sugo, pecorino fresco e brodo di carne e poi cotto in forno; le fave secche lessate insieme all’aglio fresco e alle bietole selvatiche; il risotto con gli asparagi selvatici particolarmente abbondanti nelle campagne terralbesi in inverno e primavera. Tra i secondi piatti oltre agli ancora genuini arrosti di agnello e porchetto, assai prelibati sono “is sitzigorrus”, lumache dal guscio grigio grandi quanto una nocciola che si raccolgono tra i filari delle viti e nelle siepi e “sa codra cun prisuci”, treccia di intestini di agnello di latte con piselli appena colti. Tra i vini rossi terralbesi adatti ad accompagnare questi piatti l’ideale e’ il Campidano di Terralba, di colore rosso rubino ottenuto da vitigni di Bovale.

Il Pane e i Dolci

Anche il pane a Terralba si fa secondo un’immutata tradizione. I tipi più usati sono “sa moddixina”, “su civraxu” e “su cocoi”

L’elenco dei dolci potrebbe essere lunghissimo, ma i più tipici sono certamente gli amaretti, morbidi e delicati, “is biancheddus pintaus” meringhe con mandorle finemente decorate;

“is pirichittus”, dolci dalla pasta morbida ricoperti da una glassa di zucchero e limone; “is pistocus finis” che si accompagnano al rito del caffè ed infine “is zipulas”, peculiari del periodo carnascialesco, di forma e gusto dissimile da quelle delle altre zone della Sardegna.

Il Carnevale

Carnevale terralbese

Carnevale terralbese

Ha una lunga tradizione anche il carnevale terralbese chiamato “Su mattisi de coa”, in riferimento al martedì grasso che sta in coda come ultimo giorno di carnevale. Il carnevale si svolge con delle sfilate di centinaia di maschere e di carri allegorici dei più svariati temi: dalla satira politica a questioni ecologiche o addirittura mitologiche il tutto naturalmente rivisto al fine del puro divertimento. Alla sfilata assistono migliaia di visitatori provenienti dal circondario allettati anche dai malloreddus e dalle zippole largamente distribuiti a tutti dalla Pro Loco, organizzatrice della manifestazione.

L’Estate Terralbese

Serate di spettacolo, cultura e sport si alternano da fine giugno a metà settembre, richiamando numeroso pubblico. In questo periodo sono racchiuse le principali feste, da quella patronale di San Pietro a San Ciriaco, Madonna di Bonaria e Santa Vitalia. Saggi di danza moderna e classica di molti gruppi e scuole del territorio, saggi di musica, tornei e manifestazioni sportive. Di particolare gradimento godono le manifestazioni enogastronomiche come “Bovale Jazz”, “Sagra delle cozze” e “Calici di Stelle”.

La chiesa di San Ciriaco

Chiesa di San Ciriaco

Chiesa di San Ciriaco

La chiesa di San Ciriaco, dedicata ad un giovane martire, vittima della persecuzione contro i cristiani ad opera dell’Imperatore Massimiliano nel IV secolo dopo Cristo, sorge alla periferia sud-est del paese, sui ruderi di un’antica chiesetta campestre costruita nel 1713. Le storie popolari raccontano che la chiesetta fu costruita per volere di don Giovanni Antioco Pilloni che, trovandosi in quei pressi, fu attaccato da un grosso serpente che si attorcigliò alle zampe del suo cavallo. Il sacerdote si invocò a San Ciriaco che fece allontanare il serpente. Anticamente la chiesetta veniva aperta solo per la novena e la festa dell’otto agosto e fu frequentata fino al 1949. Nello stesso anno incominciarono i lavori di costruzione della nuova chiesa, che fu inaugurata nel 1958.

Ampliamento e modifiche a partire dalla struttura architettonica del presbiterio delle cappelle e della facciata. La chiesa, semplice e sobria, possiede qualche pezzo artistico di pregio, come il gran Crocifisso appeso dietro l’altare, la Via Crucis e il lunotto collocato nella facciata sopra il portone d’ingresso, rappresentante San Ciriaco fra due sposi, lavorati in terracotta ad opera dell’artista terralbese Dina Pala. Curiosa la statuetta di Maria Bambina, custodita in una teca a sinistra dell’altare, di origini sconosciute e di presumibili fattezze spagnoleggianti. Nella cappella a sinistra si trova un gran quadro donato da padre Eliseo Lilliu, raffigurante proprio la storia della fondazione della chiesetta di San Ciriaco, con Don Pilloni che viene impaurito dal serpente.

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